Indice
PROTOCOLLO IPOGLICEMIA
DEFINIZIONE (3)
Il glucosio è un nutriente essenziale del cervello e livelli glicemici bassi possono causare encefalopatia e produrre un danno neurologico a lungo termine. Rimane controverso il valore al quale avviene sicuramente un danno neurologico. Tradizionalmente nei bambini pretermine e IUGR tale valore era considerato < 20 mg/dl, nei neonati a termine inferiore a 30 mg/dl. Attualmente tali dati vengono messi in discussione e sono stati visti disturbi reversibili dei potenziali evocati per valori glicemici inferiori a 45 mg/dl in neonati asintomatici a termine e alterato sviluppo neurologico in pretermine per valori inferiori a 45 mg/dl. Inoltre i pretermine hanno minor capacità di produrre chetoni in risposta all'ipoglicemia.
Sono stati presi in considerazione diversi approcci per la definizione di ipoglicemia, ma nessuno la soddisfa appieno e tutti sono stati spesso mal interpretati.
Approccio epidemiologico
Range glicemico in una coorte di neonati a termine sani, utilizzando il cut-off empirico di < 2DS dalla media. Però la glicemia nella popolazione generale rappresenta un continuum, e un unico valore è indicatore di una determinazione puntiforme, e non può rappresentare l'anormalità. Inoltre la glicemia è influenzata dal pattern nutrizionale.
Approccio clinico
I segni clinici (modifiche dello stato di coscienza con irritabilità, letargia, stupore, la presenza di apnee o episodi di cianosi, coma, difficoltà ad alimentarsi, ipotermia, ipotono, tremori o convulsioni) sono aspecifici e possono non essere presenti (ipoglicemia asintomatica), soprattutto nelle prime ore di vita quando non è solo il glucosio ad essere substrato energetico. Pertanto la presenza o l'assenza dei segni non può essere usato come discriminante.
La diagnosi di ipoglicemia sintomatica deve pertanto soddisfare la triade di Whipple:
- la presenza di segni clinici caratteristici
- la coincidenza con bassi valori glicemici misurati in modo accurato
- la risoluzione dei sintomi entro pochi minuti o ore dalla normalizzazione della glicemia.
Metabolico-endrocrinologico
La concentrazione glicemica alla quale viene attivata la contro regolazione può essere utilizzata come un limiti sicuro. Nei neonati i segni clinici dell'attivazione della contro regolazione (segni clinici autonomini e neuroglicopenici) e le alterazioni dello stato di coscienza sono scarsamente rappresentati, ancor di più nel neonato pretermine.
Approccio neurofisiopatologico
Alcuni studi hanno cercato di misurare le modifiche neurofisiologiche in relazione alla concentrazione di glucosio.
Uno studio ha dimostrato la presenza di anomalie a livello dei potenziali evocati somatosensoriali in bambini con glicemia inferiore a 47 mg/dl. Questo studio aveva però solo 5 neonati e non erano stati dosati altri metaboliti alternativi al glucosio come fonte energetica. E'stato dimostrato una variazione dei flussi ematici cerebrali in pretermine con glicemia inferiore a 30 mg/dl.
Tuttavia rimane poco chiaro il significato di queste alterazioni neurofisiopatologiche per definire l'ipoglicemia.
Approccio neurologico e di sviluppo
L'economia energetica del cervello dipende non solo dalla glicemia ma anche dalla presenza di fonti energetiche alternative (ketoni, lattato e aminoacidi), dall'adattamento locale del microcircolo, dall'interazione con altre cellule cerebrali, e dalla presenza di concomitanti fattori di rischio (ipossia o sepsi).
E' stata pertanto cercata una soglia operativa alla quale è necessario intervenire, che non definisce un criterio di anormalità glicemica ma provvede ad un margine di sicurezza per provvedere ad un target nutrizionale al fine di mantenere l'euglicemia.
Pertanto l'obiettivo della correzione è quello di mantenere, nel neonato a termine sano con ipoglicemia sintomatica, la glicemia superiore a 45 mg/dl, con ipoglicemia asintomatica superiore a 30 mg/dl, e nel neonato con iperinsulinismo superiore a 65 mg/dl, perché questi bambini hanno scarso livelli di substrati energetici alternativi (chetoni e lattato) in corso di ipoglicemia.
FISIOPATOLOGIA
L'ipoglicemia è la conseguenza delle alterazioni della complessa rete di reazioni che provvedono a consentire un costante livello ematico di glucosio, malgrado le forti variazioni in rapporto all'immissione alimentare e all'utilizzo.
In condizioni normali l'energia deriva dai substrati energetici esogeni introdotti con il latte. Dopo un pasto i substrati passano dall'intestino al fegato e quindi alle sedi di utilizzo e, se in eccesso, di accumulo. Durante il pasto il fegato immagazzina energia sotto forma di glicogeno e trigliceridi, esportati poi a livello del tessuto adiposo.
L'insulina è il principale ormone che regolare questa fase, durante la quale la secrezione degli ormoni della controregolazione è inibita. Durante il digiuno e in condizioni di ipercatabolismo (febbre, attività fisica) intervengono modificazioni metaboliche, modulate dal sistema nervoso autonomo e endocrino, che mantengono i livelli ematici entro i limiti di sicurezza per il SNC e forniscono di energia gli altri tessuti.
Inizialmente la produzione di glucosio deriva dal glicogeno epatico. Esaurite le riserve epatiche di glicogeno, entro poche ore interviene la gluconeogenesi con flusso di substrati dalle scorte muscolari e dal tessuto adiposo verso il fegato e i siti di utilizzo. I precursori per la sintesi di glucosio sono lattato, piruvato, aminoacidi (principalmente l'alanina), provenienti dai muscoli, e il glicerolo, proveniente dal tessuto adiposo.
Durante il digiuno prolungato anche il rene diventa un organo in grado di attuare la gluconeogenesi, con substrato fondamentale la glutamina.
La lipolisi oltre a liberare glicerolo, utilizzato per la gluconeogenesi, libera anche acidi grassi che sono utilizzati come tali e in parte ossidati nel fegato a corpi chetonici (chetogenesi). L'utilizzazione preferenziale della maggior parte dei tessuti degli acidi grassi e del corpi chetonici al posto del glucosio, risparmia quest'ultimo per il SNC. Solo in condizioni critiche e in epoca neonatale precoce il SNC è in grado di utilizzare i corpi chetonici come fonte energetica. Poiché la chetolisi avviene in qualche ora, non è un meccanismo di protezione efficace del tessuto nervoso dai danni da ipoglicemia.
L'avvio a questa serie di processi catabolici finalizzati a garantire il rifornimento di glucosio a livello cerebrale e a fruire di substrati energetici alternativi per gli altri tessuti è dato da una diminuzione dei livelli ematici di insulina e dell'aumento di glucagone, adrenalina, cortisolo e GH (ormoni della contro regolazione). (1)
Il mantenimento di un normale valore glicemico dipende da:
1.integrità del sistema epatico glicogenolitico e glucogenetico
2.un adeguato supporto di substrati endogeni gluconeogenetici (aminoacidi, glicerolo, lattato)
3.un adeguato supporto energetico proveniente dalla beta-ossidazione degli acidi grassi per sintetizzare glucosio e corpi chetonici, esportati nei tessuti periferici e usati come fonte energetica alternativa al glucosio.
4.un normale sistema endocrino per integrare e modulare questi processi. I maggiori segnali del passaggio dal pasto al digiuno sono la glicemia, l'insulina ed il glucagone, che influenzano direttamente ed indirettamente gli enzimi che regolano il metabolismo dei carboidrati epatici e degli acidi grassi.
Basandosi sull'origine del glucosio nel sangue è possibile dividere il timing dell'omeostasi glucidica in 5 fasi. Il timing dell'ipoglicemia rispetto all'ultimo pasto è un ulteriore elemento diagnostico, come pure la presenza o meno di epatomegalia.
1.assorbitiva: il glucosio deriva principalmente da una fonte esogena di carboidrati. Le concentrazioni di insulina e glucosio sono elevate, il glucagone è soppresso. Il glucosio non utilizzato viene trasformato in glicogeno in fegato e muscoli, o convertito in lipidi. In questa fase il fegato è il principale utilizzatore del glucosio e l' ipoglicemia che avviene in questa fase è suggestiva di iperinsulinismo
2.fase post-assorbitiva o del digiuno precoce: avviene 3-4 ore dopo l'assunzione di glucosio, l'insulina ritorna ai valori basali, il glucagone aumenta ed il fegato dismette glucosio principalmente dal glicogeno. Il maggior utilizzatore di glucosio in questa fase è il cervello con l'ossidazione esclusiva del glucosio. Altri glicolitici obbligati come i globuli rossi e la midollare del surrene, utilizzano glucosio in questa fase. I muscoli ed il tessuto adiposo invece usano il glucosio in minima parte in questa fase. Il glicogeno presente nel fegato dopo un digiuno notturno è sufficiente per soddisfare le richieste energetiche di circa mezza giornata. L'ipoglicemia che avviene in questa fase è suggestiva di glicogenosi
3.fase del digiuno intermedio, avviene dopo 12-16 ore di digiuno ed inizia immediatamente dopo il fisiologico digiuno notturno. In questa fase la gluconeogenesi sostituisce il glicogeno come fonte di glucosio. Durante questa fase, quando le riserve di glucosio sono deplete e il cervello non ha ancora iniziato ad utilizzare i corpi chetonici in modo significativo, la necessità di gluconeogenesi è elevata,per la quale sono essenziali gli acidi grassi. L'ipoglicemia che avviene in questa fase è suggestiva di disordini della gluconeogenesi.
4.fase del digiuno prolungato: disordini degli acidi grassi associato a insufficienza multi organo da deficit acuto di ATP.
5.azione del sistema endocrino, sia nella fase di digiuno che post-prandiale: deficit di GH, cortisolo, glucagone e IGF1 (2)
Monitoraggio glicemico (3,9)
Una misurazione accurata e rapida della glicemia è il punto di partenza nel managment dello stato glicemico neonatale.
Il metodo ideale deve essere rapido, accurato, poco costoso, che richiede una minima quantità di sangue, che utilizza preferibilmente sangue intero e disponibile per test accurati.
La glicemia plasmatica è superiore del 10-18% di quella ematica per la maggior concentrazione di acqua contenuta nel plasma rispetto a quella degli eritrociti, la glicemia arteriosa lievemente superiore a quella venosa, quella capillare ha valori intermedi.
Chi non monitorare
Neonati < 3 ore di vita
Dopo la nascita avviene una fisiologica caduta della glicemia con un nadir tra la prima e la seconda ora di vita: misurare la glicemia in questo periodo non permette di distinguere il sano dal patologico.
Anche in assenza di apporto nutrizionale la glicemia aumenta a 3 ore di vita
Neonati a termine senza fattori di rischio
E' possibile riscontrare in neonati a termine sani, soprattutto se allattati al seno, valori glicemici bassi nelle prime 24-48 ore di vita. Tali livelli glicemici sono accompagnati da una vigorosa risposta chetogenica provvedendo a un alternativa energetica cerebrale e proteggendo dalla comparsa di sintomi. La risposta chetogenica provvede ai 2/3 del fabbisogno energetico.
Chi monitorare
Neonato sofferente
Neonati a rischio
- Fattori di rischio materni:
- diabete pregestazionale e gestazionale
- farmaci (beta-bloccanti, ipoglicemicizzanti orali)
- somministrazione di glucosio e.v. ad alte dosi (> 10 g/h)
- Fattori di rischio neonatali:
- pretermine < 37 settimane
- SGA (< 3° percentile)
- LBW
- Asfissia perinatale (vedi definizione)
- Infezioni
- Distress respiratorio
- Policitemia
- Eritroblastosi
- Idrope fetale
- Malformazioni cardiache congenite
- Neonati in NPT (possono avere un'elevata concentrazione di insulina e pertanto non avere una significativa lipolisi e chetogenesi ed è prudenziale mantenere i livelli glicemici superiori a 45 mg/dl)
- Difetti della linea mediana, S. di Bechwith-Widemann
Quando (3,4,9)
Adattamento metabolico alla nascita
Metabolismo fetale
Prima della nascita il feto dipende interamente dalla circolazione placentare e non è stata dimostrata la produzione di glucosio da parte del feto.
La glicemia del feto è in equilibrio con quella materna e sebbene gli enzimi necessari alla gluconeogenesi siano presenti dal 2° mese di vita, questi non vengono espressi in utero in condizioni fisiologiche.
Solo il 40-50% del glucosio materno passa dalla placenta al feto e non può provvedere totalmente al metabolismo ossidativo. Circa il 60% dei glucosio utilizzato dalla placenta è convertito in lattato e rilasciato nella circolazione fetale con un rapporto 1:3.
L'uptake del lattato fetale è circa la metà dell'uptake del glucosio ed è uno dei maggiori substrati del metabolismo ossidativo e non ossidativo (es sintesi del glicogeno) del feto.
Inoltre gli aminoacidi sono trasportati attraverso la placenta in modo attivo, e la placenta è permeabile ai trigliceridi, acidi grassi, glicerolo e chetoni.
Nel 3° trimestre il glucosio si converte in grassi nel tessuto adiposo.
Il glucosio rimane il principale substrato energetico del feto. Il fegato fetale contiene tutti gli enzimi della glicogenosintesi dalla 8° settimana e la deposizione di glicogeno inizia precocemente in utero incrementando progressivamente fino al termine. Inoltre lattato, piruvato ed alanina sono precursori indiretti del glicogeno fetale.
Modifiche alla nascita
Alla nascita avviene una cascata di eventi che permette un adattamento alla vita extrauterina. Questi eventi consistono:
- risposta endocrina allo stress, in cui il ruolo di insulina e glucagone è differente dall'adulto
- modifiche metaboliche come la glicogenolisi epatica, la lipolisi, l'ossidazione degli acidi grassi con produzione di corpi chetonici e la proteolisi con generazione di lattato ed altri substrati per la gluconeogenesi
I corpi chetonici ed il lattato sono substrati energetici alternativi al glucosio, e sono essenziali per il mantenimento dell'energia necessaria al cervello.
Avendo assicurato un adeguato supporto energetico nel periodo immediato post-natale, il neonato si deve adattare all'alimentazione enterale e ad assimiliare i nutrienti (di cui il 50% è fatto di grasso) per un approvvigionamento continuo di substrati nel periodo seguente.
Pertanto il successo nell'adattamento post-natale dipende non solo da una immediata cascata catabolica ma anche all'adattamento alla nutrizione enterale.
Alla nascita, dopo il clampaggio del cordone, avvengono quindi una serie di modifiche metaboliche che includono la mobilizzazione di glucosio e acidi grassi da glicogeno e depositi di trigliceridi. In caso di digiuno i neonati (sia a termine che pretermine) sono in grado di ossidare corpi chetonici, lattato e probabilmente alcuni aminoacidi come fonte alternativa a livello cerebrale.
La glicemia da vena ombelicale alla nascita è circa il 60-80% di quella materna.
Durante le prime due ore di vita vi è un calo fisiologico della glicemia seguito da in incremento fino al raggiungimento dello steady-state tra le 2° e le 3° ora di vita, ed associato ad una dismissione di glucosio epatica alla velocità di 4-6 mg/kg/min.
La glicemia raggiunge il picco un'ora dopo il pasto e il nadir prima del pasto successivo.
Il controllo della glicemia prima del secondo pasto ha lo scopo di evidenziare i bambini che non sono in grado di avere un adeguata omeostasi glicemica. Un valore glicemico normale è indicativo che l'adattamento metabolico post-natale procede normalmente, e non sono necessari ulteriori controlli.
Neonati prematuri
Nelle prime ore di vita vi è un calo significativo della glicemia rispetto ai neonati a termine, indicando una ridotta capacità di adattarsi alla cessazione della circolazione intrauterina. Alcuni studi mostrano una ridotta capacità glucogenetica, altri una buona abilità, anche per età gestazionali basse, di convertire glucosio da piruvato e glicerolo.
Di certo vi è che sono inabili nella prima settimana di vita a montare la risposta chetogenica della controregolazione in risposta alla riduzione dei valori glicemici. I bassi livelli di chetoni sono indicativi che siano insufficiente lipolisi e chetogenesi. Ed è inoltre probabile che l'alimentazione enterale induca la chetogenesi, induce la stimolazione di ormoni a livello intestinale. L'alimentazione con latte materno comporta un profilo aminoacidico differente rispetto alla formula e i pasti intermittenti inducono la produzione ciclica di ormoni anabolizzanti, insulina compresa.
IUGR-SGA
Sono neonati che possono presentare un insufficiente adattamento metabolico alla vita extrauterina. Ciò è dovuto alla deplezione delle scorte di glicogeno, ridotta mobilizzazione e ossidazione degli acidi grassi, e iperinsulinismo funzionale.
Gli IUGR talora presentano bassi valori di glicemia a livello cordonale per valori glicemici bassi intrauterini con un aumentato rischio ipoglicemico post-natale ( ma non ci sono studi che indichino al momento di effettuare prima i controlli)
Prevenzione (3)
Dal momento che la maggior parte delle ipoglicemie sono dovute ad un ritardato adattamento metabolico le strategie per promuovere il processo metabolico sono essenziali per prevenire l'ipoglicemia.
Neonati a termine sani Promuovere l'allattamento fisiologicamente. I neonati allattati al seno presentano valori di glicemia inferiori e di chetoni superiori rispetto agli allattati con formula. Questo risposta chetogenica rappresenta un normale adattamento nella transizione feto-neonatale.
Pretermine =/ < 32 settimane o bambini con distress respiratorio Spesso l'alimentazione viene ritardata ed è necessario somministrare glucosio e.v. che deve provvedere almeno il medesimo quantitativo di glucosio dell'output di glicogeno endogeno epatico, che per la maggior parte dei pretermine è almeno di 6 mg/kg/min.
Pretermine 33-36 settimane Spesso hanno una suzione efficace al seno ed al biberon con supporto. E' necessario effettuare una minima valutazione della glicemia finchè non è avviata in modo efficace la nutrizione enterale.
IUGR gravi-SGA Taluni sono ipoglicemici in utero e non sono in grado di raggiungere il normale adattamento metabolico dopo la nascita.
Si consiglia di iniziare precocemente l'alimentazione e il latte materno, promuovendo la chetogenesi e il normale adattamento metabolico, è il latte di scelta in questi bambini. Alcuni bambini necessitano un apporto glucidico e.v. di 6-8 mg/kg/min che rappresenta la normale produzione epatico di glicogeno. Talora possono avere fabbisogni superiori a 10 mg/kg/min, per il riscontro di un iperinsulinismo funzionale e di aumentata sensibilità all'insulina.
Nati da mamma diabetica insulino-dipendente La maggior incidenza di ipoglicemia avviene tra le 4 e le 6 ore di vita, ma può protrarsi anche alle 48 ore di vita. Un buon compenso metabolico materno durante la gravidanza e il parto riduce il rischio ipoglicemico. In particolare un valore glicemico materno in travaglio superiore a 145 mg/dl aumenta il rischio di ipoglicemia neonatale. Viene consigliata un'alimentazione precoce con latte materno e controlli glicemici preprandiali finchè l'alimentazione non è avviata in modo efficace. E' meglio evitare un'eccessivo apporto glicemico e.v. per ridurre una continua stimolazione del pancreas neonatale.
Neonati in NPT Sono necessari circa 2 controlli glicemici al giorno per modulare il fabbisogno glucidico e.v. finchè il neonato è in nutrizione parenterale totale.
Terapia (3,9) (vedi flow chart)
L'obiettivo della correzione è quello di mantenere:
- nel neonato a termine sano con ipoglicemia sintomatica la glicemia superiore a 45 mg/dl
- con ipoglicemia asintomatica superiore a 30 mg/dl
- nel neonato con iperinsulinismo superiore a 65 mg/dl, perché questi bambini hanno scarso livelli di substrati energetici alternativi (chetoni e lattato) in corso di ipoglicemia
Neonati sintomatici
Neonati con ridotto stato di coscienza, ipotono, apnee, convulsioni, irritabilità, tremori, pianto acuto, irregolarità del respiro con valore di glicemia patologico necessitano di un immediato incremento della glicemia attraverso la somministrazione di glucosio necessaria per soddisfare le richieste glicemiche del bambino (almeno 5 mg/kg/min). Lo scopo è quello di portare la glicemia a un valore superiore a 45 mg/dl al più presto.
Il bolo (200 mg/kg) è efficace per una rapida correzione dell'ipoglicemia senza rischio di iperglicemia e trova indicazione:
·in bambini con sintomatologia neurologica associata all'ipoglicemia
·in bambini con valori glicemici inferiori a 25 mg/dl
Deve sempre essere seguito da un infusione di glucosio in continuo.
Sono da evitare le soluzioni ipertoniche (25-50%).
Gli incrementi non devono essere superiori a 2 mg/kg/min all'ora.
L'alimentazione enterale deve essere introdotta appena possibile con una riduzione graduale dell'apporto glicemico e.v.
Neonati asintomatici
Nei bambini in grado di alimentarsi la prima strategia può essere l'incremento della quota di latte (sia con i pasti intermittenti che in NGC). Il latte contiene circa il doppio della quota energetica di un equivalente volume di glucosata al 10%, ed il latte materno promuovere la chetogenesi.
Nei bambini che rimangono ipoglicemici nonostante l'incremento della quota enterale o non tollerano l'alimentazione enterale è necessario iniziare l'infusione e.v. di glucosio con una quota minima di 5 mg/kg/min, valutando mezz'ora dopo l'inizio dell'infusione il fabbisogno effettivo del bambino.
Glucagone
Promuove la glicogenolisi epatica, stimola la gluconeogenesi e la chetogenesi.
Una dose di 200 mcg/kg rappresenta un'alternativa alla somministrazione e.v. di glucosio nei bambini che non sono in grado di mantenersi euglicemici nonostante l'alimentazione sia ben avviata. Può essere utilizzato nei figli di mamma diabetica e negli IUGR.
QUANDO FARE ULTERIORI CONTROLLI(3)
Nella maggior parte dei casi l'ipoglicemia neonatale è dovuta ad un ritardo nel processo di adattamento metabolico alla nascita.
Raramente, soprattutto negli IUGR, ci può essere un periodo di una settimana o più, in cui il bambino ha un elevato fabbisogno glucidico e.v. nonostante un adeguato apporto di latte.
Raramente l'ipoglicemia è la manifestazione clinica di una malattia metabolica o di un disordine ormonale
Una causa metabolica o ormonale deve essere sospettata quando l'ipoglicemia è particolarmente severa e in pazienti con scarsi fattori di rischio.
Fattori di rischio per ipoglicemia patologica:
- ipoglicemia sintomatica in neonati a termine, AGA, sani
- ipoglicemia con convulsioni o alterazione dello stato di coscienza
- ipoglicemia persistente (> 48 ore di vita in neonati a termine, AGA, sani) o ricorrente
- ipoglicemia con un fabbisogno e.v. > 10 mg/kg/min
- ipoglicemia associata a: anomalie della linea mediana, micropene, eosoftalmo, alterato controllo termico
- storia familiare di SIDS, S. di Reye o ritardo di sviluppo.
Principali cause METABOLICHE ED ENDOCRINOLOGICHE di ipoglicemia neonatale (3)
| Iperinsulinismo | Iperinsulinismo congenito |
| S. di B-W | |
| Deficit degli ormoni della controregolazione | Ipopituitarismo |
| Deficit di GH | |
| Disordini della ghiandola surrenalica | |
| Disordini dell'ossidazione degli acidi grassi | Disordini dell'ossidazione degli acidi grassi a media e lunga catena |
| Disordini della gluconeogenesi | Deficit di fruttosio 1,6 bifosfatasi |
| Disordini dell' accumulo di glicogeno | Deficit di glucosio-6-fosfatasi |
| Deficit di glicogeno sintetasi | |
| Altre | Galattosemia |
| Malattia delle urine a sciroppo d'acero | |
| Acidemia propionica |
Cause genetiche di ipoglicemia (2)
| Periodo post-prandiale | Diagnosi |
| iperinsulinismo | |
| -SUR1 -Kir6.2 -GLUD1 -GK -SCHAD (l-3idrossiacylCoA-deidrogenasi a corta catena) -CDG (disordini glicosilazione) -Usher Ic (sindrome geni continui) -BWS -Perlman's syndrome -Sindrome di Sotos | Studi molecolari Studi molecolari Studi molecolari ed enzimatici Studi molecolari ed enzimatici Studi molecolari ed enzimatici Western blot delle proteine glicosilate Studi molecolari No diagnosi Studi molecolari |
| Alcune ore dopo il pasto | |
| -Glicogenosi (I e III) | Studi molecolari ed enzimatici |
| -Glicogeno sintetasi | Studi molecolari ed enzimatici |
| -Disordini della catena respiratoria | Studi enzimatici |
| Digiuno prolungato | |
| -Fruttosio bifosfatasi (difetto neoglucogenetico) | Studi molecolari ed enzimatici |
| -Disordini dell'ossidazione degli acidi grassi | Studi molecolari ed enzimatici |
| -Difetti della chetogenesi e chetolisi | Studi molecolari ed enzimatici |
| -Ipoglicemia funzionale | |
| -Disordini della catena respiratoria | Studi enzimatici |
| -Fanconi Bickel | Studi molecolari |
| Cause endocrinologiche | |
| -Deficit di GH, IGF1 | |
| -Disordini della corteccia surrenalica | |
| Altre | |
| -GLUT1 (trasportatore del glucosio) | Solo a livello del SNC |
ESAMI SPECIALISTICI (3)
Quando viene sospettata una causa di ipoglicemia che sia oltre il normale adattamento metabolico è essenziale ottenere campioni per un profilo dei metaboliti intermedi e ormonali nel momento dell'ipoglicemia.
| Sangue | Metaboliti intermedi: * glicemia * lattato: normale < 1.8 mmol/l (prelievo venoso senza laccio) * piruvato * alanina * FFA (NEFA) * Chetonemia: normale < 2 mmol/l elettroliti, funzionalità epatica e renale, emocromo, trigliceridi, equilibrio acido-base, CK, acido urico ammoniemia: *normale: 50-100/110 mcmol/l. *nella malattie metaboliche aumenta oltre i 180-200 mcmol/l *un neonato infetto può avere valori tra 150-180 mcmol/l *aminoacidi carnitine libere ed esterificate insulina, GH, ACTH, cortisolo e funzionalità tiroidea (FT4, TSH) screening per la galattosemia (su guthrie card) |
| Urine | Ketonuria Acidi organici urinari Ricerca di sostanze riducenti nelle urine (clinitest) |
| Altro | Fundus oculi (screening cataratta congenita) Ecografia cerebrale e/o RMN encefalo |
DIAGNOSI DIFFERENZIALE(5)
| Lattato normale | Corpi chetonici normali o insufficientemente elevati | Acidi grassi liberi relativamente bassi Iperinsulinismo < ormoni controregolazione acidi grassi liberi notevolmente elevati difetti ossidazione acidi grassi deficit di carnitina Sindrome di Reye |
| Corpi chetonici elevati | Ipoglicemia chetotica Organicoacidurie < ormoni controregolazione (dopo il primo anno) glicogenosi di tipo III e O |
|
| Lattato elevato > 1.8 mmol/l | Senza epatomegalia | Organicoacidurie Difetti della chetolisi Malattie delle urine a sciroppo d'acero |
| Isolata epatomegalia | Glicogenosi Difetti di gluconeogenesi |
|
| Insufficienza epatica severa | Intolleranza al fruttosio Difetti della catena respiratoria Tirosinemia tipo I |
Ipoglicemie ipochetotiche
- difetti dell'ossidazione degli acidi grassi
- iperinsulinismo
- difetti ereditari della chetogenesi
- deficit isolato di GH
L'iperinsulinismo e i deficit dell'ossidazione degli acidi grassi sono le più frequenti cause di ipoglicemia genetica.
Test diagnostici e principali caratteristiche delle più frequenti cause di ipoglicemia su base genetica (6)
| Patologia | Principali caratteristiche | Test diagnostici | Terapie specifiche |
|---|---|---|---|
| Iperinsulinismo | Ipoglicemia pre e post prandiale Risposta positiva al test al glucagone Livelli di insulina inappropriatamente alti per valori glicemici inferiori a 50 mg/dl | Studi molecolari per i geni SUR1, Kir6.2. fluoro-DOPA PET scan | Diazzosido Somatostatina Bloccanti dei canali del calcio Chirurgia pancreatica |
| Disordini dell'ossidazione degli acidi grassi | Ipoglicemia ipochetotica a digiuno (FFA/corpi chetonici > 2 mmol/l) Insufficienza multi organi Acidi organici alterati acilcarnitine | Studi molecolari ed enzimatici | Prevenzione del digiuno e della lipolisi con il trattamento dietetico, MCT nei disordini degli acidi grassi a cetane lunga, L-carnitina |
| Disordini dell'accumulo di glicogeno | Ipoglicemia dopo digiuno breve, epatomegalia, test al glucagone negativo, iperlattacidemia (quando è inficiata anche la gluconeogesi) ipertrigliceridemia iperuricemia | Studi molecolari ed enzimatici | Terapia dietetica Amido di mais grezzo NGC notturna |
| Disordini della neoglucogenesi | Ipoglicemia a digiuno Epatomegalia durante l'ipoglicemia Iperlattacidemia Iperalanina | Studi molecolari ed enzimatici | Prevenire il digiuno prolungato e lo stato catabolico |
| Disordini della sintesi dei corpi chetonici | Ipoglicemia ipochetotica a digiuno | Studi molecolari ed enzimatici | Prevenire il digiuno prolungato e lo stato catabolico |
| Disordini della chetolisi e organicoacidurie | Ipoglicemia a digiuno Chetoacidosi severa Coma | Studi molecolari ed enzimatici | Prevenire il digiuno prolungato e lo stato catabolico |
| Deficit ormonali | No timing specifico Micropene Ridotta crescita | Test di funzione Studi molecolari | Terapia ormonale |
IPOGLICEMIA ASSOCIATA A DIMENSIONI EPATICHE NORMALI O SOLO LIEVEMENTE AUMENTATE (7)
| ETA' | INSORGENZA | CHETOSI | ACIDOSI | DANNO EPATOCELL | ALTRO | MALATTIA | ||||
| Neon | Inf | Variabile | digiuno | |||||||
| Breve | prolung | |||||||||
| —> | + | - | - | - | Risposta al glucagone i.m. | Iperinsulinismo | ||||
| + | + | - | - | - | Deficit di GH | |||||
| —> | + | - | + | +/- | Sintomi muscolari e cardiaci | Difetti dell'ossidazione degli acidi grassi | ||||
| —> | + | - | + | - | Difetti della chetogenesi | |||||
| + | + | + | - | - | Macrocefalia | Chetotica ricorrente | ||||
| —> | + | + | - | - | Iperlattacidemia postprandiale | Deficit di glicogeno sintetasi | ||||
| —> | + | + | + | - | organicoacidurie | |||||
IPOGLICEMIA IN PRESENZA DI EPATOMEGALIA (7)
| ETA' | INSORGENZA | CHETOSI | ACIDOSI | DANNO EPATOCELL | ALTRO | MALATTIA | ||
| Neon | Inf | digiuno | ||||||
| Breve | prolung | |||||||
| —> | + | + | + | +/- | Deficit di fruttosio 1,6 difosfatasi | |||
| —> | + | (+) | + | - | > colesterolo, trigliceridi | Glicogenosi tipo I | ||
| —> | + | + | - | (+) | Sintomi neurologici | Deficit PEPCK | ||
| + | + | + | - | +/- | Glicogenosi III e VI | |||
| —> | Esposizione al fruttosio | - | + | + | Tubulopatia | Intolleranza al fruttosio | ||
| + | + | + | + | + | Exitus precoce | Difetti della catena respiratorio | ||
| + | + | - | - | + | Sintomi variabili | Stadio finale epatopatie | ||
TEST DIAGNOSTICI(8,5)
PROFILO GLICEMICO
Monitorare glicemia, lattato e chetonemia sia pre-prandiali che post-prandiali per 12 ore
Il monitoraggio sia pre che post-prandiale è utile perché alcuni metaboliti si modicano durante il digiuno.
-il lattato durante il digiuno si riduce in caso di deficit di piruvato deidrogenasi ma aumenta in caso di GSD tipo I.
-il lattato può rimanere elevato prima e dopo il pasto in caso di mitocondriopatie che coinvolgono il ciclo dell'acido citrico e della catena respiratoria.
Pertanto l'indicazione al monitoraggio glicemico post-prandiale è indicato solo nel caso in cui si sospettino le suddette patologie e sono sufficienti due controlli glicemici.
TEST DEL DIGIUNO o IN CASO DI GLICEMIA < 45 MG/DL
Il test del digiuno può trovare applicazione nel valutare la tolleranza al digiuno e occasionalmente per una valutazione metabolica del catabolismo proteico, glucidico e lipidico.
Permette di riconoscere: disordini dell'ossidazione degli acidi grassi
disordini della chetolisi
disordini della gluconeogenesi
acidosi organiche
disordini dell'omeostasi ormonale
Spesso tali difetti possono presentare valori normali di laboratorio nei periodi di benessere clinico (non catabolico). La produzione di metaboliti tossici può causare gravi complicanze irreversibili. E' pertanto importante aver completato tutte le indagini metaboliche (test mirati, studi enzimatici, analisi delle mutazioni) prima di eseguire il test.
E' importante la valutazione degli esami sulle urine all'inizio e alla fine del test
Indicazioni
Ipoglicemia ricorrente o di causa ignota
Acidosi metabolica lattica tipo S. di Reye
Sintomi neurologici intermittenti
Prima del test
Completare con altre indagini metaboliche
Valutare carnitine, acidi organici e acylcarnitine . In particolare valutare la presenza di disturbi dell'ossidazione degli acidi grassi.
Accesso venoso stabile (possibilmente vaso centrale)
Catetere vescicale
Avere pronte siringhe con glucosata al 10%
Durata Massimo 6 ore in bambini inferiori a 6 mesi
Tempo 0:
emogas analisi, glicemia, elettroliti, lattato, corpi chetonici, ammoniemia,
Acidi organici urinari, chetonuria (stoccare il 1° campione di urine)
Ogni ora dalla 1a alla 7a: emogas analisi, glicemia, lattato, corpi chetonici
6a: o in caso di glicemia < 45 mg/dl
emogas analisi, glicemia, elettroliti, CK, lattato, (piruvato), carnitine, acylcarnitine,acidi grassi liberi, corpi chetonici, 3 OH-butirrato, ammoniemia, aminoacidi plasmatici, insulina, cortisolo, GH, ACTH, TSH, fT4.
Acidi organici urinari, chetonuria (raccogliere il primo campione di urine dopo l'ipoglicemia)
N.B.: la raccolta urinaria va fatta durare circa 12 ore, separando il primo campione all'inizio del test e il primo campione dopo l'ipoglicemia.
Va segnato il quantitativo totale delle urine emesse.
Prelievi ematici
- Emogasanalisi (ABL)
- Glicemia (ABL)
- Lattato (ABL): eseguire un prelievo venoso senza laccio
- Piruvato:
-provetta per SANGUE INTERO deproteinizzato in EDTA
-1.5 ml di plasma
-prelievo senza stasi venosa, centrifugare subito, invio congelato.
-Laboratorio di Biochimica Istituto Neurologico C. Besta, Via Celoria 11 Milano *
- Ammoniemia (strisce reagenti): misurano l'ammoniemia su sangue intero capillare
- Chetonemia (strisce reagenti): misurano i valori di beta- idrossibutirrato su sangue intero capillare.
- Acylcarnitine e Carnitine libere ed esterificate
-Plasma EDTA
-3 ml di plasma
-Invio congelato
-Laboratorio di Biochimica Istituto Neurologico C. Besta, Via Celoria 11 Milano
- Acylcarnitine su cartoncino: **
-conservare in frigorifero
-spedire a Dott. Burlina-Giordano, laboratorio malattie metaboliche, edificio pediatria 3° piano, Azienda Ospedaliera di Padova, Via Giustiniani 1, 35128 Padova. Avvisare telefonicamente. Allegare relazione. Consegnare la busta all'ufficio protocollo che rilascia ricevuta per l'invio tramite raccomandata con ricevuta di ritorno
- Aminoacidi plasmatici
-Provetta per SANGUE INTERO IN LITIO EPARINA
-1,5 ml di sangue intero
-centrifugare e separare almeno 1 ml di plasma
-in caso di invio differito congelare a –20°C e inviare refrigerato (2-8°C)
-Laboratorio di Malattie Metaboliche, H. Buzzi, Via Castelvetro 32, Milano
- NEFA o FFA (acidi grassi liberi)
-Provetta per SANGUE INTERO SENZA ANTICOAGULANTE
-1,5 ml di sangue intero
-centrifugare e separare almeno 1 ml di plasma
-in caso di invio differito congelare a –20°C e inviare refrigerato (2-8°C)
-Laboratorio di Malattie Metaboliche, H. Buzzi, Via Castelvetro 32, Milano
- 3OH-butirrato:***
-Provetta per SANGUE INTERO SENZA ANTICOAGULANTE
-2.5 ml di sangue intero
-centrifugare e separare almeno 1 ml di plasma
-in caso di invio differito congelare a –20°C e inviare refrigerato (2-8°C)
-Laboratorio di Malattie Metaboliche, H. Buzzi, Via Castelvetro 32, Milano
- CORTISOLO, GH, TSH, FT4; provetta gialla almeno 3 ml (H. Manzoni)
- INSULINA: provetta rossa piccola (2 ml) (H. Manzoni)
- ACTH: provetta viola in ghiaccio (2 ml) (H. Manzoni)
* prelievo da eseguire su indicazione clinica previo accordo con il Laboratorio
** da valutare quale dei due campioni eseguire
*** spesso si ritiene sufficiente la valutazione della chetonemia. Da valutare.
Esame sulle urine
Raccogliere la prima minzione dopo l'ipoglicemia
In caso di prelievo estemporaneo inviare 5-10 ml
In caso di raccolta di 12-24 ore inviare campioni separati e segnare la quantità totale
- chetonuria
- ACIDI ORGANICI URINARI
- AMINOACIDI URINARI
- ZUCCHERI URINARI
Per tutti in caso di trasporto differito congelare a – 20° , inviare refrigerato (2-8°)
- Clinitest: ricerca di sostanza riducenti sulle urine. Falsi positivi: antibiotici.
- TEST ALLA DNPH (dinidrofenilidrazina) solo in caso di invio immediato e se si sospetta la Malattie delle urine a sciroppo d'acero
-Laboratorio di Malattie Metaboliche, H. Buzzi, Via Castelvetro 32, Milano
Interruzione anticipata del test
Comparsa di segni clinici d'insufficienza d'organo (aritmie cardiache, cardiomiopatie dilatative, insufficienza cardiaca acuta, specie nei difetti della beta-ossidazione)
Scompenso metabolico (glicemia < 40 mg/dl, NHCO3 < 15 mmol/l): in tal caso correggere l'ipoglicemia con bolo da 200-250 mg/kg (2-2,5 ml/kg di glucosata al 10%) quindi proseguire con infusione 3-5 ml/kg/ora.
Interpretazione
Il test è da considerarsi patologico se:
- ipoglicemia (< 40 mg/dl) prima della fine del test:
-elevati livelli di NEFA, insufficiente produzione di corpi chetonici, (FFA/chetoni: > 2) pattern specifico di acylcarnitine, acidi organici: difetti dell'ossidazione degli acidi grassi
-NEFA bassi e insulina > 3 mU/l: iperinsulinismo
-Cortisolo < 250 nmol/l (12 mcg/dl): insufficienza surrenalica
-Lattato > 2 mmol/l, chetosi: glicogenosi, difetti della gluconeogenesi, malattie mitocondriali
-Aumento degli aminoacidi a catena ramificata, elevati livelli di alloisoleucina, test alla DNPH: Malattia delle urine a sciroppo d'acero
- Aumento massivo dei chetoni, livelli normali di lattato e cortisolo, glicemia nella norma a valori minimi del range di normalità: ipoglicemia chetotica
Valori di normalità al termine del digiuno nei neonato
Glicemia: 60-80 mg/dl
Lattato: 0,9-1.8 mmol/l
FFA: 0.6-1.3 mmol/L
Chetonemia: 0,6-3.2 mmol/l
FFA/chetonemia: < 1 (0.3-1.4)
Carnitina libera:n 15-26 mcmol/l
Betaidrossibutirrato: 0.5-2.3 mmol/l
Glicemia x chetonemia: 3-11
Insulina < 10 mU/l con glicemia inferiore a 50 mg/dl
Cortisolo > 120 ng/ml (12 mcg/dl)
ACTH < 80 pg/ml
GH: > 10 ng/ml
TEST AL GLUCAGONE
Indicazioni
Ipoglicemia post-prandiale e ipoglicemia da digiuno breve (< 8 ore) :
Deficit dell'accumulo di glicogeno (eccezione: deficit di glucosio-6-fasfatasi)
Deficit della sintesi di glicogeno
Iperinsulinismo
Procedura
Al termine del test al digiuno o in caso di ipoglicemia spontanea. La tempistica va valutata da caso a caso.
Somministrare 30 mcg/kg (altri dosaggi 0.5-1 mg) di glucagone i.m. (massimo 1 mg)
Prelevare per glicemia e lattato a
0'
5'
10'
15'
30'
45'
60'
Da sospendere
Se glicemia < 25 mg/dl a 10' o se < 35 mg/dl a 15'-30'-45'e avviare bolo di glucosata al 10% (200 mg/dl) o infusione e.v.
Interpretazione
Normalmente la glicemia aumento di 25-50 mg/dl in 15-45 minuti
Il raddoppio del valore glicemico basale dopo 10-15' dalla somministrazione di glucagone è suggestivo di iperinsulinismo per la massima mobilizzazione del glucosio dal glicogeno epatico.
In caso di ipoglicemia da difetto della gluconeogenesi (da porre in diagnosi differenziale con le mitocondriopatie) la somministrazione di glucagone non comporta modifiche della glicemia a15'.
TEST DA CARICO CON GLUCOSIO
indicazioni
Ipoglicemia e/o iperlattacidemia di causa ignota
Procedura
Digiuno di 3-8 ore
Catetere venoso
Il test inizia per valori glicemici tra 60 e 45
Somministrare 2 g/kg (max 50 g) di glucosio mediante glucosata al 10% per bocca in 5-10 minuti.
Prelevare per glicemia, lattato, privato, chetonemia prima della procedura
e quindi ogni 30 minuti per 3-4 ore
Interpretazione
al termine del digiuno i valori normali sono:
glicemia > 45
lattato 0,5-2 mmol/l
lattato/piruvato 10-20
chetonemia: < 2 mmol/l
glicemia: un incremento lieve seguito da una caduta importante è tipico dell'iperinsulinismo
lattato:
una riduzione significativa partendo da un valore elevato al tempo zero si osserva nei disordini della gluconeogenesi e nella glicogenosi tipo I.
un aumento esagerato si osserva nella altre malattie dell'accumulo di glicogeno, nel deficit di sintesi del glicogeno, e nel deficit di piruvato deidrogenasi.
Lattato/piruvato
È aumento nel deficit di piruvato carbossilasi e nelle malattie mitocondriali.
Chetonemiasi riduce nei difetti della gluconeogenesi, nei difetti di sintesi del glicogeno, nelle glicogenosi III e VI. E' molto bassa a diiguno in caso di iperinsulinismo e nei difetti dell'ossidazione degli acidi grassi.
PRINCIPALI CAUSE DI IPOGLICEMIA PATOLOGICA
IPERINSULINISMO (2,6)
Una secrezione eccessiva di insulina determina:
1.un'aumentata utilizzazione periferica di glucosio (aumento del trasporto intracellulare, attivazione della glicolisi)
2.diminuzione della produzione epatica di glucosio mediata dalla stimolazione della glicogeno sintesi, e conseguente aumento della quota di zucchero di riserva e non mobilizzabile, e dalla concomitante inibizione della glicogenolisi e gluconeogenesi
3.inibizione della lipolisi con conseguente diminuzione della chetogenesi epatica.
Criteri diagnostici
- Ipoglicemia a digiuno e post-prandiale (< 35 mg/dl): anarchica
- Con iperinsulinismo (> 3 mU/l)
- Con alto fabbisogno di glucosio e.v. (> 10 mg/kg/min con una media di 17) per mantenere la glicemia superiore a 55 mg/dl
- Positiva risposta alla somministrazione s.c. o i.m. di glucagone
- Ipoglicemia persistente dopo il primo mese di vita.
- I neonati presentano però spesso valori di insulina più elevati pertanto l'interpretazione va usata con cautela: l'iperinsulinismo al momento dell'ipoglicemia è un criterio utile ma non indispensabile.
- In assenza di livelli abnormemente elevati di insulina in corso di ipoglicemia, è utile effettuare in test del digiuno (4-8 ore) per la ricerca di valori inappropriatamente bassi di corpi chetonici, NEFA e aminoacidi ramificati.
- Comunque nel periodo neonatale la diagnosi è facile, basandosi sulla severità dell'ipoglicemia che avviene nelle prime 72 ore di vita e la risposta al glucagone.
- La maggior parte dei bambini sono macrosomi
- L'ipoglicemia è spesso severa con episodi convulsivi nel 50% dei casi.
- Sono presenti in tutti i tipi di iperinsulinismo dimorfismi faciali (fronte alta, naso largo e bulboso, columella corta, filtro sottile e labbra sottili).
- Può essere presente una modesta epatomegalia
- Inoltre sono stati descritti alcuni tipi di iperinsulinismo associati a sindromi: Sindrome di Usher tipo Ic o disordini congeniti della glicosilazione tipo Ia o Ib, alcuni pazienti con Sindrome di Beckwith-Widemann, di Perlman e di Sotos.
- Le forme transitorie possono essere presenti in:
- Nati da mamma diabetica
- S. di B-W
- IUGR severi, Asfissia feto-neonatale, Malattia emolitica
- In caso di eccessiva somministrazione di glucosio intrapartum
Fisiopatologia
L'ipoglicemia iperinsulinemica è dovuta a un'ipersecrezione di insulina dalla isole di Langherans. L'insulina è l'unico ormone che abbassa il livello glicemico inibendo il rilascio epatico di glicogeno ed incrementando l'uptake nei muscoli. Questo spiega le due caratteristiche maggiori dell' iperinsulinismo neonatale: l'alto livello glicemico per correggere l'ipoglicemia e la risposta al glucagone esogeno.
Differenti vie sono coinvolte nella regolazione dell'insulina da parte delle cellule pancreatiche e questo rende chiaro i diversi meccanismo d'azione delle terapia, diazosido, somatostatine, inibitori dei canali del calcio e dieta ipoproteica.
Il glucosio e gli aminoacidi stimolano la secrezione insulinica. La glucokinasi, l'enzima che stimola il metabolismo del glucosio nelle beta-cellule, ha un'alta affinità per il glucosio. Pertanto, la concentrazione di glucosio circolante determina direttamente il grado di ossidazione del glucosio. Alti livelli stimolano l'ossidazione e quindi i rapporto ATP/ADP che attiva una proteina di membrana, il recettore per la sulfonilurea e chiude i canali del potassio ATP-dipendenti. Ciò porta alla depolarizzazione delle membrane delle beta-cellule, l'ingresso del calcio extracellulare e il rilascio di insulina dai granuli. La leucina, il più potente aminoacido che stimola la secrezione di insulina, agisce indirettamente come affettore positivo della glutammato-deidrogenasi aumentando il grado di ossidazione del glutammato. L'incremento dell'attività della glutammato-deidrogenasi è responsabile dell'iperammoniemia, dell'aumento dei livelli di alfa-ketoglutarato e dell'incremento di attività del ciclo di Krebs nelle beta-cellule con quindi esagerato rilascio di insulina.
Le sulfaniluree (es tolbutamide) stimolano la secrezione di insulina legandosi direttamente al SUR (recettore per la sulfonilurea).
Il diazossido inibisce la secrezione di insulina legandosi al SUR.
Recentemente la risposta dell'insulina al tolbutamide è stata suggerita per separare le forme focali (t. responsive) e quello diffuse (t. insensibili). Ipotesi non confermata da tutti gli studi.
I pazienti sottoposti a terapia chirurgica sono classificati secondi criteri istologici.
Le forme focali sono definite come iperplasia adenomatosa focale. Le lesioni misurano 2.5-7.5 mm in diametro, differisco dalla forma di adenoma pancreatico che è delimitato chiaramente e mostra una differente distribuzione topografica.
Le forme diffuse mostrano nuclei delle beta cellule anomali in ogni sezione del pancreas.
Lo screening delle forme focali rispetto a quelle diffuse non si può avvalere di eco, tac o rmn ma la cateterizzazione venosa pancreatica e il sampling di glucosio, insulina e peptide C, e l'arteriografia pancreatica sono le uniche procedure pre-operatorie che permettono di localizzare la sede della secrezione insulinica. Non possono essere effettuate prima del mese di vita per escludere le forme transitorie o nei pazienti con iperammoniemia che possono avere un iperinsulinismo diffuso.
Recentemente è stata utilizzata la PET-scan 18-fluoro-Dopa per distinguere le forme focali da quelle diffuse.
L'incidenza dell'iperinsulinismo congenito è 1/50.000 nati vivi.
La forma focale è associata con emi-omozigosi di un eredità paterna della mutazione del SUR1 dei canali del potassio (Kir6.2). gene sul cromosoma 11.p15 e perdita dell'allele materno nelle cellule che comporta uno sbilanciamento di imprinted geni 11p15, come GF o suppressor tumor gene. La lesione focale è probabilmente un evento sporadico anche la se coesistenza di un evento focale o diffuso nella stessa famiglia non può essere escluso.
La forma diffusa è un disordine eterogeneo che coinvolge il gene che codifica per il SUR o canali potassio in forma recessiva, o più raramente, il gene per la glukokinasi in forma dominante e il gene per la glutammato deidrogenasi nelle forme con iperammoniemia.
Più recentemente è stato implicato il gene SCHAD (idrossi-acil-Coa deidrogenasi a corta catena), enzima che mitocondriale coinvolto nell'ossidazione degli acidi grassi, che influenza la secrezione di insulina attraverso un meccanismo indipendente dai canali KATP. I pazienti hanno iperinsulinismo severo, > 3-idrossibutirril-carnitina, ridotta attività enzimatica nei fibroblasti e presenza nelle urine di acido 3-idrossibutirrico.
Il quadro clinico delle forme legate ai canali del potassio (con lesioni focali o diffuse) dipende dall'età d'inizio dell'ipoglicemia.
Al contrario le forme legate all'iperammoniemia sono meno severe anche quando esordiscono in epoca neonatale.
I pazienti responsivi al diazossido possono avere una forma transitoria o una forma di iperinsulinismo-iperammoniemia.
Altre forme
Mutazione della glucokinasi ad espressione dominante
Forma rara. Comporta un'aumento dell'affinità della glucokinasi per il glucosio comportando una secrezione insulinica inappropriata.
Iperinsulinismo con iperammoniemia
E' la seconda forma più comune di iperinsulinismo. E' associata alla mutazione missense dell'enzima mitocondriale glutamato-deidrogenasi ad espressione dominante. Questo enzima catalizza la deaminazione ossidativa del glutamato ad alfa-chetoglutarato e ammonio. La mutazione altera la sensibilità dell'enzima verso il suo inibitore allostericoo, GPT, comportanto un alterazione della funzione dell'enzima e aumentando la sensibilità verso il suo attivatore allosterico, la leucina. Ciò comporta ipoglicemia, di solito post-prandiale, in seguito ad un pasto altamente proteico, e anche ipoglicemia da digiuno. L'ammoniemia è circa 3-5 volte il normale, indipendentemente dal digiuno o dal pasto. Alcuni pazienti presentano convulsioni e ritardo mentale probabilmente per un effetto della mutazione a livello cerebrale, in associazione agli episodi ricorrenti di ipoglicemia-iperammoniemia.
Iperinsulinismo indotto dall'esercizio fisico
Forma autosomica dominante. I pazienti soffrono di ipoglicemia solo dopo episodi di esercizio fisico intenso. Il meccanismo è probabilmente legato alla glicolisi anaerobia in quanto la somministrazione di piruvato aumenta la secrezione di insulina e quindi ipoglicemia.
Terapia d'urgenza
E' sufficiente mantenere l'euglicemia finchè non si è stabilizzata la controregolazione.
Nelle forme non transitorie è necessario mantenere la glicemia superiore a 60 mg/dl con spesso un fabbisogno glucidico tra 15 e 20 mg/kg/min. Strategie:
alimentazione enterale in NGC
supplementazione e.v. di glucosio spesso tramite catetere venoso centrale
somministrare glucagone 100 mcg/kg in caso di vaso periferico.
Terapia cronica
Diazossido: 5-15 mg/kg/die per bocca
Somatostatina: 10-50 mcg/kg/die in 3 iniezioni o in infusione continua
Inibitori dei canali del calcio: (nifedipina: 0.5-2 mg/kg/die)
Dieta ridotta del carico proteico di leucina
Forme associate a sindromi da ipercrescita con sensibilità al diazosido
SINDROME DI BECKWITH-WIEDEMANN Esoftalmo, macroglossia, gigantismo , maggior rischio di sviluppare tumori. L'ipoglicemia è associata ad una disomia uni parentale paterna del cromosoma 11p15.
SINDROME DI SIMPSON-GOLABI-BEHMEL Fenotipo simile alla BWS. X linked.
SINDROME DI PERLMAN E DI SOTOS Gigantismo e iperinsulinismo
SINDROME DI USHER TIPO IC Sordità neusensoriale profonda,, ipofunzione vestibolare, retinite pigmentosa. Autosomica recessiva.
SINDROME DI KABUKI Bassa statura, anomalie scheletriche, ritardo mentale moderato, dermatoglifi anomali, dimorfismi faciali tipici. Associata anche a diarrea cronica, difetti diaframmatici, pseudoartrosi delle clavicole, vitiligine, ipoglicemia persistente.
DISORDINI CONGENITI DELLA GLICOSILAZIONE
Difetti genetici nel gruppo della glucoconiugazione dei carboidrati. Ciò comporta la presenza di proteine anomali dal punto di vista funzionale e strutturale in molti organi. Patologie eterogenee.
Il deficit di fosfomannoso-mutasi (CDG tipo Ia) è una patologia multi sistemica con dimorfismi (distribuzione anomala del grasso e capezzoli invertiti), significativo coinvolgimento neurologico (ipotono, iporiflessia, atassia, convulsioni, e ritardo psicomotorio) e episodi a rischio di vita. Possono essere presenti ipoplasia cerebellare, ipotiroidismo, deficit di TBG, strabismo, retinite pigmentosa, vomito, difficoltà ad alimentarsi, epatomegalia, fibrosi epatica, ipertransaminasemia, coagulopatia e ipoalbuminemia, cardiomiopatia, versamento pericardico, enteropatia protido-disperdente, linfedema. La diagnosi è possibile con la iso-elettrofocusin della transferrina e mediante analisi enzimatica e/o genetica.
Il deficit di fosfomannoso isomerasi (CDG tipo Ib) non presenta sintomi neurologici, si presenta con ipoglicemia, ipotiroidismo, deficit di TBG, vomito, diarrea, difficoltà ad alimentarsi, episodi a rischio di vita, enteropatia protido-disperdente, epatomegalia, ipertransaminasemia, fibrosi epatica congenita, e coagulopatia. Possono essere trattati con mannoso.
Entrambe le forme possono avere ipoglicemia da iperinsulinismo spesso durante episodi di gastroenterite.
Disordini dell'ossidazione degli acidi grassi (2,6)
I disordini dell'ossidazione degli acidi grassi rappresentano una delle forme più comuni di ipoglicemia genetica:
- Deficit di Acyl-CoA deidrogenasi a media catena
- Deficit di carnitina-palmitoil transferasi.
La beta ossidazione mitocondriale degli acidi grassi gioca un ruolo essenziale nel metabolismo energetico. Nel digiuno prolungato vengono utilizzati per la sintesi epatica dei corpi chetonici e come substrati ossidativi a livello muscolare, garantendo circa l'80% dell'energia totale a disposizione dell'organismo. Gli acidi grassi costituiscono la fonte energetica principale per il cuore e inoltre l'energia prodotta dalla loro ossidazione mantiene attiva la gluconeogenesi e il ciclo dell'urea a livello epatico.
L'ossidazione degli acidi grassi interviene nell'omeostasi glucidica attraverso 3 meccanismi:
1.risparmio di glucosio nel metabolismo energetico di muscoli e cuore
2.sintesi dei corpi chetonici, substrati energetici alternativi
3.attivazione della gluconeogenesi epatica
L'ipoglicemia risulta da una ridotta produzione di glucosio dal fegato associata con abnorme consumo nei tessuti periferici per l'incapacità dei tessuti di ossidare gli acidi grassi e dall'assenza di corpi chetonici come energia alternativa. Entrambi i fenomeni possono essere ricondotti ai disordini dell'ossidazione degli acidi grassi al unga catena somministrando trigliceridi a media catena che comportano un incremento drammatico del glucosio e dei corpi chetonici.
Caratteristiche
Corpi chetonici plasmatici ed urinari inappropriatamente bassi in corso di ipoglicemia e successivamente comparsa di chetonuria al termine del test del digiuno.
Ipoglicemia nelle prime 72 ore di vita (ipotonia, difficoltà ad alimentarsi, life-threatening event) e tipicamente a orario fisso (digiuno prolungato)
Sintomi cardiaci (aritmie, difetti di conduzione, cardiomiopatia)
Epatomegalia moderata
Acidosi metabolica
Iperlattacidemia lieve
Iperammoniemia lieve
Lieve rialzo delle transaminasi
Fabbisogno glucidico per mantenere l'euglicemia basso. In epoca neonatale difficilmente l'ipoglicemia rappresenta un problema ma lo rappresenta in nell'infanzia in un contesto di digiuno o catabolismo.
Tutte le forme dell'ossidazione degli acidi grassi sia a lunga che media catena si possono presentare nell'infanzia come una Sindrome di Reye (epatomegalia, steatosi e ipoglicemia ipoketotica.)
Diagnosi: profilo delle acylcarnitine su spot dosaggio degli acidi organici urinari (pattern specifici e non specifici come acidi dicarbossilici non saturati a catena media e lunga) anche se un pattern normale non esclude la patologia.
Test di funzionalità :
- test del digiuno:
-ipochetonemia anche nelle fasi prolungate
-lipolisi conservata con rapporto FFA/corpi chetonici elevato
-pattern diagnostico di organico aciduria
- Challeng con i trigliceridi a lunga catena e media catena
Diagnosi in vitro: linfociti circolanti o colture di fibroblasti
Terapia:
evitare il digiuno prolungato
dieta povera di grassi e ricca di carboidrati
uso della maizena con fonte di glucosio long acting
supplementazione orale di carnitina nel deficit di carnitina
Disordini della ketogenesi (2,6)
Nel fegato la maggior parte dell'AcetilCoA prodotto dalla beta ossidazione degli acidi grassi viene utilizzato per la chetogenesi. I deficit di HMGCoA (3 idrossi-metilglutarilCoA) liasi e HMGCoA sintetasi hanno una presentazione simile ai difetti dell'ossidazione degli acidi grassi e richiedono una conferma enzimatica. Si presentano come ipoglicemie ipochetotiche dopo digiuno prolungato, non vi sono segni d'organo associati e nel deficit della liasi è presente un'abnorme escrezione urinaria di HMG.
Disturbi della sintesi DEL GLICOGENO e degradazione del glicogeno e difetti della gluconeogenesi (2,6)
Molti difetti della glicogenolisi alterano la degradazione di glicogeno, e si manifestano con una profonda ipoglicemia che avviene nella seconda fase dell'omeostasi glucidica. I disordini della sintesi del glicogeno sono causati da difetti enzimatici della degradazione del glicogeno. Alcuni difetti causano un alterazione del deposito di glicogeno a livello epatico, alcuni a livello muscolari altri in entrambe le sedi. La degradazione di glicogeno in piruvato avviene mediante due sequenze: la glicogenolisi che trasforma il glicogeno in glucosio-6-fosfato e la glicolisi che trasforma il glucosio-6-fosfato in piruvato. La sintesi di glicogeno dal piruvato è divisa in due tappe: la gluconeogenesi dal piruvato a glucosio-6-fosfato e la glicogeno sintesi dal glucosio-6-fosfato. La più frequente anomalia della sintesi del glicogeno che causa ipoglicemia è la glicogenosi tipo I. Nel deficit di glucosio-6-fosfatasi (disordine dell'accumulo di glicogeno di tipo Ia o glicogenosi Ia o Malattia di Von Gierke) e nel deficit di glucosio-6-translocasi (glicogenosi tipo Ib) le caratteristiche biochimiche e cliniche sono:
- un'ipoglicemia profonda comparsa dopo 2.5-3.5 ore dal pasto perché il difetto enzimatico non solo sopprime il rilascio del glucosio dal glicogeno ma anche la formazione di glucosio attraverso la via glucogenetica.
- Acidosi lattica ed incremento del piruvato: infatti la degradazione del glicogeno a piruvato è intatta ed è intensificata quando termina la fonte di glucosio esterna. Si ha quindi incremento di lattato e piruvato con un meccanismo di protezione nei confronti del SNC in quanto il lattato è una fonte energetica alternativa anche quando la glicemia è azzerata, finchè non si instaura l'acidosi che è anche causa di iperventilazione compensatoria.
- > acidi grassi e colesterolo: avviene dalla conversione dell'eccesso di lattato e piruvato in acetilcoenzima A, prodotto finale della degradazione di del glicogeno. Ciò comporta, assieme alla riduzione dell'attività della lipoprotein lipasi, un'iperlipemia (trigliceridi, colesterolo e fosfolipidi).
- La chetosi è raramente presente o è presente in modo lieve
- Iperuricemia: è dovuta a una riduzione della clearance renale degli urati inibita dalla lattico acidosi e da un incremento di produzione di acido urico.
- Nella forma Ib è presenta una neutropenia fluttuante responsabile di infezioni ricorrenti
- Possibile nel periodo neonatale con ipoglicemia ed acidosi lattica; tuttavia, più comunemente l'esordio clinico è a 3-4 mesi con epatomegalia e/o convulsioni da ipoglicemia. Questi bambini spesso presentano una faccia definita 'da bambola', suggerita dall'eccesso di tessuto adiposo nelle guance, estremità relativamente sottili e un addome prominente a causa della massiva epatomegalia. Anche i reni sono simmetricamente ingranditi, mentre milza e cuore sono di normale grandezza. Nell'infanzia possono essere evidenziati xantomi cutanei a braccia e gambe e alterazioni retiniche caratterizzate da lesioni multiple paramaculari giallastre e ben delimitate.
La diagnosi viene sospettata dalla curva di glucosio e lattato dopo un test da carico con glucosio: si ha iniziale incremento del lattato, che riflette il digiuno, riduzione quando la glicemia aumenta. Questa curva è l'opposto della situazione normale quando il lattato è basso ed aumenta lentamente. Viene confermata dall'analisi genetica,evitando l'esecuzione della biopsia.
Due difetti enzimatici molto rari disturbano la sintesi del glicogeno epatico: deficit di glicogeno sintetasi (o glicogenosi tipo O) e deficit dell'enzima ramificante o glicogenosi tipo IV, quest'ultimo si presenta prevalentemente con cirrosi e non è preponderante l'ipoglicemia. Nel deficit di glicogeno-sintetasi la sintesi di glicogeno viene alterata in modo profondo anche se non completo, con ipoglicemia severa notturna che si manifesta prevalentemente nella prima infanzia con l'interruzione dei pasti notturni. Caratteristiche:
- dopo il digiuno notturno (fase II dell'omeostasi glucidica) vi è ipoglicemia severa con iperketonemia, ipolattacidemia e ipoalaninemia.
- Invece dopo il pasto compare iperglicemia e iperlattacidemia con normalizzazione della chetonemia. Il glucagone comporta un incremento della glicemia 3 ore dopo il pasto con una riduzione di lattato e alanina, e non si vede alcun effetto dopo 12 ore di digiuno.
- Non è presente epatomegalia
Il difetto enzimatico viene dimostrato nel fegato ma non negli altri tessuti.
Nel deficit di amilo-1,6-glucosidasi (disordine dell'accumulo di glicogeno di tipo III o glicogenosi tipo III) l'ipoglicemia è lieve perché la degradazione di glicogeno è possibile grazie all'enzima fosforilasi ed è intatta la via glucogenetica e chetogenetica. I pazienti con questa malattia sono molto diversi tra loro, sia dal punto di vista clinico che biochimico. La malattia provoca epatomegalia, ipelipemia, bassa statura, miopatia di vario grado a carico dei muscoli scheletrici e cardiomiopatia.
La maggior parte dei pazienti ha una malattia che coinvolge sia il muscolo sia il fegato, definita di tipo IIIa. Un 15% circa, invece, presenta solo coinvolgimento epatico, malattia questa classificata di tipo IIIb.
Durante la prima e la seconda infanzia, la malattia è indistinguibile dalla glicogenosi di tipo I. L'epatomegalia e i sintomi epatici, nella maggior parte dei pazienti con glicogenosi di tipo III, migliorano con l'età e di solito si risolvono dopo la pubertà. Nei pazienti con coinvolgimento muscolare, la debolezza muscolare è minima in infanzia, ma può diventare importante dopo la terza o quarta decade di vita. Ipoglicemia e iperlipidemia sono di comune riscontro. L'incremento della gluconeogenesi comporta ipoalaninemia e degli aminoacidi a catena ramificata Tipico è un'importante epatomegalia (visibile ad occhio nudo). Non vi è lattico acidosi a digiuno e una franca ketonuria è associata all'ipoglicemia a digiuno. Nella fase post-assorbitiva è presente una modesta iperlattacidemia.
Un modesto incremento delle CPK è associato alle forme muscolari di glicogenosi.
La cardiomiopatia è presente in alcuni sottotipi molecolari.
L'ipoglicemia è rara nelle deficit del complesso fosforilasi (glicogenosi tipio VI e IX) e non è presente nella glicogenosi tipo II (deficit di alfa-glucosidasi).
Altri difetti enzimatici che alterano la formazione di glicogeno (gluconeogenesi) sono: deficit di fruttosio 1,6-bifosfatasi, fosfoenolpiruvato carbossilasi e piruvato carbossilasi.
L'ipoglicemia è il sintomo principale del deficit di fruttosio 1,6-bifosfatasi, si presenta dopo il digiuno notturno o durante uno stato catabolico, alla fine della fase 2 e all'inizio della fase 3 dell'omeostasi glucidica. Un'epatomegalia modesta è presente durante gli attacchi acuti. All'ipoglicemia si associa a una modesta iperketonemia ed è preponderante la lattico-acidosi che si accompagna ad incremento di piruvato, alanina, corpi chetonici, acido urico e acidi grassi libero. Gli acidi organici urinari documentano un incremento di glicerolo e glicerolo-3-fosfato. La diagnosi viene posta con il test del digiuno che mostra una progressiva riduzione della glicemia e un progressivo aumento del lattato, e con la misurazione dell'attività della fruttosio bifosfatasi nei linfociti o mediante la biopsia muscolare. Questi pazienti sono intolleranti al fruttosio, per il deficit di fruttosio, 1 fosfato-aldolasi: la sua somministrazione comporta ipoglicemia acuta.
Il deficit di fosfoenolpirivato carbossilasi si presenta raramente con ipoglicemia ricorrente. Nel deficit di piruvato carbossilasi l'ipoglicemia è rara, probabilmente perché non inficia l'ingresso della via glucogenetica di altri substrati come la serina ed il glicerolo.
DEFICIT DELLA KETOLISI (2,6)
I difetti della ketolisi (deficit di SuccinilCoa acetato acetato transferarsi e AcetoacetylCoa tiolasi) raramente si manifestano con attacchi ricorrenti di ipoglicemia, che avviene nella 3 fase dell'omeostasi glucidica ed è associata a severa chetoacidosi, ipolattacidemia e ipoalaninemia. La diagnosi viene effettuata dimostrando una chetosi permanente durante il ciclo circadiano e con un'inusuale elevazione del ketoni rispetto agli acidi grassi liberi, ed è possibile l'analisi genetica sui fibroblasti. Questi pazienti possono essere confusi con le ipoglicemie ipoketotiche se non viene effettuato un adeguato profilo glicemico ed un test del digiuno.
GALATTOSEMIA
Malattia dovuta al deficit di galattosio-1-fosfato uridil transferasi, il secondo enzima del metabolismo del galattosio.
Comporta un accumulo di galattosio-1-fosfato, che è tossico sui tessuti con danno a livello cerebrale, oculare (cataratta), epatomegalia, sindrome di Fanconi e insufficienza ovarica ma non testicolare.
I bambini presentano un peso normale alla nascita ma dopo l'inizio dell'assunzione di latte iniziano a perdere peso e tipicamente tra la 1° e la 2° settimana di vita presentano ipoglicemia, rifiuto del cibo, vomito, ittero, letargia, epatomegalia, edema ed ascite. La morte sopraggiunge per insufficienza epatica e renale o per sepsi (tipicamente da E. Coli).
La diagnosi viene posta misurando l'attività enzimatica a livello di globuli rossi e nei globuli bianchi (anche se cartoncino) e cercando sostanze riducenti sulle urine che possono non essere presenti se il bambino ha sospeso l'alimentazione lattea o ha avuto episodi di vomito.
Il trattamento si basa prevalentemente sull'eliminazione del galattosio dalla dieta, effettuato durante la fase neonatale, abolendo il latte materno e in polvere e prescrivendo in sostituzione alimenti privi di lattosio o galattosio.
DEFICIT DELLA CATENA RESPIRATORIA (2,6)
Deficit del complesso III e del complesso IV con isolati e ricorrenti attacchi di ipoglicemia. Durante il test del digiuno i pazienti possono presentare progressiva ipoglicemia con incremento del lattato e normalità dei livelli di alanina (alterazione della gluconeogesi) o ipoglicemia ipochetotica con incremento degli FFA (alterazione dell'ossidazione degli acidi grassi). E' dovuto a un deficit degli enzimi ATP dipendente della gluconeogesi.
DEFICIT DEL TRASPORTATORE DEL GLUCOSIO (2,6)
La Sindrome di Fanconi-Bickel è una malattia rara, ad eredità autosomico recessiva che è caratterizzata da accumulo di glicogeno a livello epato-renale, ipoglicemia a digiuno, iperglicemia post-prandiale e ipergalattosemia (indicando un alterato utilizzo dei due monosaccaridi) e difunzione tubulare prossimale. Deriva dal difetto del trasportatore del monosaccaride (GLUT2) nelle membrane cellulari di molti tessuti.
La sindrome da deficit di GLUT1 comporta un alterazione del trasportatore a livello della barriera ematoencefalica con ridotta concentrazione di glucosio a livello cerebrale e glicemia normale. Si presente nell'infanzia con convulsioni, ritardo nello sviluppo e microcefalia.
DEFICIT DI CITRINA (2,6) Il deficit di citrina causa sia la citrullinemia di tipo II (adult-onset) sia la colestasi neonatale intraepatica, con fegato grasso, episodi a rischio di vita, anemia emolitica, rischio emorragico, ipoglicemia ipoketotica, elevati livelli di acidi biliari, ipoproteinemia, bassi livelli dei fattori vitamina K-dipendenti, ipergalattosemia e ipercitrullinemia. Molti pazienti vengono trattati con formule prive di lattosio e/o arricchite di trigliceridi a media catena e vitamine liposolubili. I sintomi spesso si risolvono all'anno di vita.
DISORDINI ENDOCRINOLOGICI (2,6)
Deficit di GH: l'ipoglicemia è presente nel 20% dei casi, compare dopo un digiuno prolungato, ed è ipochetotica (ridotta stimolazione della lipolisi). Se il deficit è dovuto a un difetto precoce, come nella delezione del gene per il GH o nella mutazione del recettore per il GHRH può essere presente micropene.
Nelle malformazioni dell'area ipotalamica si ha deficit multiplo degli ormoni ipofisari, con ipogonadismo, deficit di GH secondario a deficit di IGF1. In questi pazienti l'ipoglicemia avviene a digiuno (2-3 fase dell'omeostasi glucidica) e nei neonati è presente ipoketonemia, e si ha una modesta risposta al test al glucagone.
La Sindrome di Laron è dovuta a un deficit di IGF1 (deficit del recettore per il GH, nell'area post-recettoriale o nella sintesi e azione dell'IGF1) La clinica è identica ai deficit di GH, ma presentano elevati livelli di GH che risulta inefficace (resistenza al GH): nanismo, obesità, marcata ipoglicemia. Il motivo dell'ipoglicemia è probabilmente dovuto a un'interazione tra il ruolo che l'IGF1 ha nel trasporto del glucosio, fosforilazione, glicolisi e sintesi di glicogeno, e che il GH ha nell'indurre la gluconeogenesi.
Nel deficit di ACTH isolato l'ipoglicemia è rara ed è dovuta ad insufficienza surrenalica.
Anche il deficit di glucagone può essere associato a ipoglicemia.
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